Ogni anno compro dei giacinti. Me li metto vicini e li guardo crescere. Sono veloci, passano in un attimo da essere due foglie verdi a essere tutti fioriti. Quest’anno ne avevo presi tre, due viola e uno rosa. Quello rosa cresceva molto più veloce degli altri due e così l’ho messo al centro del davanzale, un po’ coperto dalla finestra, mentre gli altri due erano in piena luce. Il giacinto rosa ha continuato a crescere come un piccolo razzo, ogni giorno qualche centimetro e qualche fiore in più, ma mi ha fatto uno scherzetto: siccome non era esposto alla luce piena, ad un certo punto ha iniziato a curvarsi verso la luce.
Le piante lo fanno sempre: lui si è piegato in un modo così strano da diventare un bellissimo fiore storto.
Gli altri due sono bassotti e belli pieni, non hanno avuto bisogno di storcersi per avere la luce, lui sì, ha cercato con intelligenza quello che gli mancava .
Anche noi siamo così, dentro di noi c’è una forza, una spinta alla crescita che ci fa cercare con intelligenza quello che ci manca . Ci fa trovare la soluzione anche se questo comporta una piccola imperfezione. Il giacinto rosa non si preoccupa di essere storto, non soffre di vergogna. E’ soddisfatto perchè è cresciuto alto come un tulipano ed è pieno di fiori che raccontano la forza della sua vitalità . Senz’altro per lui essere storto è un dettaglio insignificante: l’importante era crescere.
Se non soffriamo del giudizio che diamo a noi stessi, anche noi saremo come il giacinto rosa: guarderemo alla crescita più che alle nostre imperfezioni, riconosceremo la nostra bellezza prima dei nostri difetti.
Capiremmo che spesso, questi ultimi sono la conseguenza di condizioni che non potevamo modificare.
Invece ci guardiamo con occhi severi, con occhi che non riconoscono l’intelligenza del percorso che abbiamo svolto, ma solo il fatto che il nostro stelo non è dritto e magari proviamo vergogna per quella perfezione che avremmo desiderato e che non si è realizzata .
“5 minuti di Mindfulness.” Nicoletta Cinotti , (2020) Gribaudo
Perfezionismo: un’ ideale a cui siamo spinti come genitori, come figli, come lavoratori.
A volte è promosso dalle stesse istituzioni educative e sempre di più le nostre generazioni crescono con l’idea che “vai bene solo se .. “ o “non sei abbastanza ..”
E’ difficile da sconfiggere, il perfezionismo si accorda con l’idea scritta nel nostro dna che per vincere dobbiamo competere.
Ciò che a volte ci dimentichiamo è che per trovare ciò che ci manca spesso dobbiamo rimanere connessi con gli altri.
La vergogna non è altro che la paura della disconnessione.
Possiamo vergognarci del nostro corpo o della nostra storia personale, sentirci difettosi perchè il nostro naso assomiglia a quello di un pugile o non siamo magri tanto quanto Kate Moss.
Ci sono anche dei detti popolari che supportano le credenze che i “panni sporchi vadano lavati in casa”, tanto che la “sporcizia” poi da qualche parte esce sotto forma spesso di sintomi e malattie vere e proprie.
La storia dei tre giacinti ci insegna che per crescere prima di tutto ci adattiamo.
Può essere che ci adattiamo ad una famiglia numerosa, in cui ci tocca urlare per essere ascoltati e allora urlare diventerà il nostro modo di comunicare, e se in passato ci serviva per essere ascoltati, ora però limita la comunicazione col nostro compagno o ci fa sentire “sbagliati”.
E’ importante riconoscere che non c’è colpa per essere umani, anche se sbagliamo più volte e i nostri errori a volte sono irrimediabili.
Al contempo sapere che quello che poteva dirsi intelligente un tempo, non lo rimane per sempre, ci può aiutare a uscire dalle impasse della vita.
Non ci si bagna mai due volte nella medesima acqua che scorre.
Che fare allora ?
Prima di tutto diventare consapevoli delle proprie modalità.
Se si rimane bloccati nel dubbio di cosa sia giusto o sbagliato non si raggiungerà mai la certezza di una soluzione. Se corriamo a nasconderci per i nostri difetti, tentiamo di coprirli, di mascherarli e incorreremo in soluzioni paradossali e temporanee.
E’ come mettere un maglione invernale d’estate pensando di coprire meglio il sudore.
C’è chi rimane intrappolato in dilemmi etici “ è giusto fare questa richiesta al mio capo , raccontargli la mia opinione ?” “ Se non dico quello che penso potrei pentimene per sempre “ .
La tendenza al voler controllare, il ripetere gli stessi pensieri quando si fanno errori, il sentirsi cattivi se si hanno delle fantasie sono tutti segnali che i nostri standard forse sono severi e che stiamo forse dando troppo responsabilità a noi stessi.
Accettare che non si può fare la scelta perfetta è un altro grande passo verso la liberazione.
Accettare non significa rinunciare.
Alcuni bambini se non sono perfettamente preparati per la verifica non si presentano a scuola.
Altrettanti adolescenti se non sono apparecchiati ad hoc per lo scatto rinunciano alle uscite e forse delle uscite nemmeno si curano più.
Molti adulti si alzano alle 5 del mattino, perchè nella loro vita tutto deve funzionare in maniera impeccabile: dalle pulizie della casa al discorso preparato per la riunione con i colleghi e se la cena con gli amici non offre la massima ospitalità, simpatia e accoglienza tanto vale non si faccia.
C’è molto sacrificio in tutto questo, allora la domanda diventa “ A cosa state rinunciando? ”
Oscar Wilde direbbe che state rinunciando alla vostra anima.
Meno lapidariamente direi alla nostra serenità, a rapporti con gli altri, forse anche a quelli che sono i vostri desideri.
Per quanto storti possiamo essere ciò che conta è darci la possibilità di crescere valorizzando i nostri difetti, cogliendo la loro peculiarità e unicità come un vantaggio.
Un secchio bucato può annaffiare i fiori al suo passaggio, un cane cieco sviluppare un olfatto formidabile, un bambino che scambia le lettere come accade nella dislessia diventare un cantante straordinario.
La crescita non avviene solo verso l’alto.
Nelle piante la vediamo nelle radici che affondano nel terreno. Ciò che sta in basso ed è terreno, concreto, libero da ogni astrazione perfetta è anche il luogo in cui si trovano i talenti degli uomini che abitano la terra e non in cielo.
Dio stesso secondo Sant’ Agostino nelle sue Confessioni abita in basso, nell’ anima dell’ uomo.
Dott.ssa Elisa Sartoretto