Quando parlo di Mindfulness, che possiamo tradurre nel termine italiano pratiche di consapevolezza, mi piace ricordare il primo libro “La mente consapevole” di Ellen Langer, che mi hanno regalato su questa pratica. Questa forma di meditazione ha origini lontanissime se pur si è svincolata della sua mera matrice filosofica orientale per diventare anche uno strumento di cura occidentale. Ormai l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda quest’approccio nelle sue linee guida per trattare trasversalmente varie forme di disagio, ma anche per promuovere il benessere nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle palestre.
“ La mindfulness è lo sviluppo di una particolare attenzione, attitudine e intenzione che permetterebbero al praticante di recepire la propria esperienza come se egli non fosse più immerso nella trama delle proprie narrative personali ma fosse in grado di fare un passo indietro ed esserne semplicemente testimone.”
Shapiro
Come credevano anche alcuni pensatori occidentali, prima di tutto la nostra consapevolezza parte dal nostro corpo e proprio da questo è necessario ripartire a volte.
I nostri sensi sono le nostre prime finestre sul mondo e le pratiche di consapevolezza allenano i sensi.
Talvolta siamo abituati a pensare allo psicologo come colui che cura parlando, questo è un luogo comune.
Ci sono molti approcci psicologici che si occupano di corporeità a partire dalle pratiche di rilassamento, le pratiche meditative tra cui la mindfulness e veri e propri approcci tra cui la terapia sensomotoria, la psicomotricità.
“Nulla è nell’ intelletto che non si trovi prima nei sensi”
Tommaso d’Aquino
Non si tratta solo di allenare i nostri sensi, ma anche il modo in cui ci relazioniamo ai nostri pensieri e alle nostre emozioni facendo così delle vere e proprie scoperte su noi stessi .
Siamo inconsapevoli per la maggior parte del tempo presi dalle nostre routine quotidiane quando sbagliamo strada imboccandone una che invece siamo soliti percorrere, quando non troviamo più le nostre chiavi, perchè le abbiamo appoggiate senza farci caso o ancora ogni volta che inconsapevolmente ignoriamo le nostre emozioni ad esempio per controllarle, per paura che possano sopraffarci o per evitare di sentirle.
William James racconta che una volta iniziò a prepararsi per un pranzo, si svestì, si lavò e andò a letto.
Accorgersi che qualcosa ci è sfuggito, è come un improvviso risveglio dai viaggi mentali che facciamo nel futuro o nel passato.
Si tratta del vagare della mente o “mind wondering”, fenomeno naturale ma che ha dei costi in termini di infelicità. E’ stato recentemente dimostrato che la condizione migliore per essere felici è riuscire a stare nel presente.
Non nel senso classico di cogliere l’attimo e vivere per il presente, ma maggiormente nell’accezione di godere a pieno di ciò che ci sta capitando in un’ immersione di esperienza.
Per vivere dunque a pieno e sfruttarla la nostra esperienza, la conosciamo, anche nei suoi momenti di vuoto e di infelicità.
Quando guardiamo dall’ “altra parte” spesso i problemi non si risolvono, anzi a volte si accumulano.
Il modo migliore per gestire ciò che ci accade è riuscire a guardarlo nella sua interezza.
Se si è stati al buio per molto tempo può essere difficile aprire gli occhi e dunque pian piano possiamo provare a tirare su le serrande finché la nostra vista non si abitua alla luce.
Per questo la consapevolezza va allenata come se fosse un muscolo, la capacità di essere consapevoli si sviluppa nel tempo come un nuovo modo di vedere, come gli occhi che si abituano alla luce che entra dopo che siamo stati per del tempo al buio.
BENEFICI DELLA MINDFULNESS:
- Migliore gestione delle emozioni; siamo meno reattivi.
- Diminuzione dei pensieri che ritornano; rimuginii e ruminazioni.
- Aumento della flessibilità del pensiero.
- Aumento della consapevolezza verso la sofferenza e del desiderio di alleviarla attuando dei cambiamenti.
Non resta che provare .
Dott.ssa Elisa Sartoretto